Skip to main content

“Da quanto si ricava dai dati disponibili sappiamo che circa il 40 % delle bambine dei Paesi a basso reddito non terminano la scuola primaria. Poiché la scolarizzazione è un elemento fondamentale per l’indipendenza personale, per l’accesso a posizioni lavorative migliori e di conseguenza per il raggiungimento di un livello di benessere migliore, si comprende quanto sia ponderoso lo svantaggio per le ragazze”.

È da queste parole che vogliamo cominciare la nostra celebrazione della Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze, fissata il giorno 11 ottobre di ogni anno dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Sono contenute nell’intervista al dottor Claudio Crescini, vice presidente dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI), con oltre quarant’anni di attività professionale alle spalle.

 

Dott. Crescini, da stimato medico ginecologo-ostetrico avrà una vita professionale ricca di impegni. Come nasce la sua vocazione e il desiderio di prestare aiuto nelle comunità più povere del mondo?

Fortunatamente sono moltissime le persone che in tutto il mondo dedicano un po’ del proprio tempo e delle proprie risorse per aiutare tutti coloro che vivono in condizioni di povertà, disagio e sofferenza. Sicuramente alla base di ciò che ci spinge a spenderci a favore di chi ha bisogno di aiuto è l’indole profonda della specie umana che trae origine nella preistoria quando la sopravvivenza di una piccola tribù di ominidi era strettamente legata alle condizioni di salute ed efficienza di ogni suo membro. Con il progredire dello sviluppo della civilizzazione questo istinto profondo si è mantenuto nella parte più antica e profonda del cervello dove sono conservate le emozioni e gli istinti primordiali anche se la componente più moderna e razionale depositata nella corteccia cerebrale spesso ci induce a comportamenti opposti, negativi e autodistruttivi. Comunque lascio ai filosofi il difficile compito di decidere se l’uomo nasce buono e diventa cattivo perché corrotto dalla società come scriveva Rousseau o viceversa come sosteneva Hobbes.

Un altro stimolo che induce a dedicarsi agli altri proviene dalla consapevolezza che non si può essere felici se si vive circondati dalla sofferenza. In questo esiste anche un po’ di egoismo. Se tutti stanno bene anch’io sto meglio. C’è poi la consapevolezza e il grande turbamento che nasce dal prendere visione personalmente delle inimmaginabili drammatiche realtà in cui milioni di esseri umani conducono una vita di stenti. Quando si percorre una strada fangosa, invasa da nuvole di mosche tra odori nauseabondi, e si incontrano bellissimi bimbi scalzi, impolverati, con abiti succinti, stracciati e sporchi, con il “ moccolo” al naso che sorridendo ti tendono la mano per avere una moneta, ci si rende perfettamente conto che c’è qualcosa che non funziona in questo mondo e che qualcuno deve fare qualcosa. Quando vedi persone come te, ma che hanno avuto la sfortuna di nascere nel posto sbagliato, che sembrano molto più vecchie e affaticate, spesso invalide, perché non hanno vissuto nel benessere e con le cure mediche di cui tu hai goduto come diritto acquisito, capisci che non va bene. Quando vedi bambini e giovani che muoiono per malattie o incidenti che da noi verrebbero curati e risolti con facilità un poco ti vergogni.

Non ha poi nessuna importanza secondo me capire perché ciò succede. Certamente sono gli esiti del colonialismo della mostruosa corruzione dei politici locali, della rapina delle risorse da parte di Paesi predatori, dalla storia del singolo Paese, dalle lotte tribali, dai falsi miti che l’occidente diffonde in modo epidemico con i media e da altro ancora. In attesa di capire le cause per cui milioni di esseri umani vivono ai limiti della sussistenza è urgente fare qualcosa.

Infine, per quanto mi riguarda personalmente, oltre ai motivi sopraelencati si aggiunge un aspetto del mio carattere. Il desiderio fortissimo di conoscere il mondo e l’insofferenza per una vita monotona e chiusa in una piccola città di provincia. Ma questo è un problema mio.

 

Il suo intervento non si limita al soccorso; offre la sua esperienza per creare corsi di formazione grazie ai quali, le donne del posto possono prestare assistenza durante i parti. Quanto è importante aumentare la consapevolezza e le capacità delle comunità locali?

La formazione professionale del personale in loco è la strategia vincente che garantisce che le buone pratiche ed i risultati raggiunti proseguano e migliorino nel tempo. Mandare una equipe di specialisti che in un breve periodo di tempo in autonomia cura un gruppo anche numeroso di pazienti è sicuramente utile per chi ne beneficia ma una volta che l’equipe rientra in Italia tutto ritorna come prima. Quello che dobbiamo fare è aiutare gli operatori del posto a crescere professionalmente per fornire prestazioni di alto livello a tutti e sempre. Vale per la medicina quello che si dice per il cibo: inutile portare il pesce, bisogna fornire le reti ed insegnare a pescare.

 

Ci racconta la sua esperienza in Eritrea, paese al quale lei ha generosamente dotato due ospedali di strumentazioni fondamentali per lo screening del Pap test?

L’Eritrea è un Paese molto povero coinvolto in conflitti locali da molti anni. Esistono molte restrizioni tra cui il divieto di espatriare anche per motivi di studio in quanto tutti i cittadini sono di fatto sempre considerati militari e richiamabili nelle zone di conflitto alle frontiere. La principale fonte di reddito è rappresentata dalle rimesse degli eritrei che in qualche modo hanno potuto lasciare il Paese e che spesso si sono fatti una posizione nei Paesi ospitanti essendo gli eritrei un popolo molto industrioso e intelligente.

La nostra Onlus Assiter da molti anni raccoglie fondi e invia in Eritrea professionisti del mondo sanitario per promuovere la salute materno-infantile. L’Eritrea è uno dei Paesi con la più alta incidenza di tumori del collo dell’utero, patologia da noi ormai scomparsa grazie al Pap test e ora grazie al vaccino contro il papillomavirus che in Italia viene offerto gratuitamente da tempo a tutte le ragazze al compimento del dodicesimo anno di età. Abbiamo quindi introdotto il Pap test che prima non esisteva e lo strumento necessario per completare il percorso diagnostico-terapeutico rappresentato dal colposcopio. Abbiamo poi formato il personale locale per tutto ciò che riguarda la prevenzione e la diagnosi precoce del cancro del collo dell’utero. E infine abbiamo, in aggiunta, portato dall’Italia un ecografo di ultima generazione utilizzabile per il controllo delle gravidanze e per tutte le visite ginecologiche.

 

Le sue prossime missioni sono orientate ai Paesi africani tra i quali lo Zimbabwe. In cosa consisteranno i suoi futuri interventi?

Con lo Zimbabwe (ex Rodesia) abbiamo un rapporto di collaborazione iniziato tre anni fa presso l’ospedale Luisa Guidotti di Mutoko che funziona grazie al sostegno molto generoso delle Fondazione Pesaresi di Rimini, promotrice di molte iniziative di raccolta fondi. L’ospedale è perfettamente gestito dal dottor Massimo Migani che da anni si è traferito a Mutoko e ha fatto di questo ospedale la missione della sua vita. Oltre all’attività ospedaliera di base, al pronto soccorso ed alla sala parto con 700 nascite annue, vengono prestate cure ai numerosi pazienti HIV positivi  alle vittime della malaria e della tubercolosi. Purtroppo l’estrema povertà della popolazione che vive con una economia di pura sussistenza condiziona fortemente la gestione economica dell’ospedale che deve la sua sopravvivenza soprattutto alle donazioni provenienti dall‘Italia. Il nostro gruppo di volontari ha partecipato all’attività di sala parto e ambulatoriale di ginecologia oltre a quella di sala operatoria. Sono stati, inoltre, svolti alcuni corsi di formazione a cui hanno partecipato una ventina di medici provenienti da tutto lo Zimbabwe. Il progetto in corso di definizione riguarda l’invio di ostetriche italiane che a turno coprano un periodo di un anno presso l’ospedale di Mutoko, grazie a un finanziamento del Rotary.

Le ostetriche locali hanno un alto livello di professionalità che deriva da una ottima formazione professionale e soprattutto dall’autonomia con cui operano in assenza di medici specialisti in ostetricia e ginecologia. Naturalmente il supporto tecnologico (cardiotocografia ed ecografia) è stato introdotto da meno tempo rispetto all’Italia per questo una collaborazione con le ostetriche italiane penso possa essere di grandissima utilità e vantaggio per tutti. Si tratterebbe di fondere e potenziare le due competenze quella prevalentemente clinica locale con quella tecnologica dele ostetriche italiane. Dal confronto di esperienze differenti nasce crescita e miglioramento.

 

Nel 2011 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato l’11 ottobre come la Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui loro diritti, sugli abusi e sui tanti ostacoli con cui molte di loro, in tutto il mondo, sono ancora costrette a confrontarsi. Ci piacerebbe conoscere il suo prezioso punto di vista sulla questione e avere anche qualche spunto su cosa possiamo fare noi, nel quotidiano, per supportare la causa.

Da quanto si ricava dai dati disponibili sappiamo che circa il 40 % delle bambine dei Paesi a basso reddito non terminano la scuola primaria. Poiché la scolarizzazione è un elemento fondamentale per l’indipendenza personale, per l’accesso a posizioni lavorative migliori e di conseguenza per il raggiungimento di un livello di benessere migliore, si comprende quanto sia ponderoso lo svantaggio per le ragazze. Per non parlare delle situazioni del patriarcato oppressivo presente in molti Paesi, dello sfruttamento minorile lavorativo e talvolta sessuale, delle mutilazioni genitali e di molti altri problemi che affliggono le giovani donne nel mondo. Noi in particolare siamo interessati come ginecologi anche ad un aspetto apparentemente meno importante ma che condiziona pesantemente la vita delle ragazze soprattutto nei Paesi a basso reddito. Si tratta della mestruazione che pur essendo un fenomeno normalissimo e fisiologico è ancora in alcune aree del mondo considerato come qualcosa di impuro che deve essere nascosto. Ed ecco che la mestruazione mensile e spesso la mancanza di materiale sanitario assorbente obbliga la ragazza ad assentarsi dalla scuola o dal lavoro ed a rimanere chiusa in casa. Anche su questo fronte stiamo cercando di fare informazione e di fornire gli strumenti necessari per la gestione del sanguinamento mestruale.

 

Ringraziamo di cuore il dottor Crescini per la sua cortese disponibilità e per aver condiviso con noi la sua straordinaria testimonianza, dedicandoci parte del suo tempo prezioso.

 

Umberto Crescini, ginecologo, Vice Presidente dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI), direttore scientifico dell’Asst Bergamo Est, codirettore del Gruppo emergenze ostetriche (Geo), Past President del Rotary Club Romano di Lombardia. Da sempre al fianco dei Paesi africani, è in prima linea nel prestare aiuti materiali, competenze mediche e tanta umanità al servizio di chi ne ha più bisogno.

Comments are closed.